La storia di ninì, un rondoncino caduto dal nido

Ninì è un giovane rondone caduto dal nido, che è stato fortunato e sfortunato allo stesso tempo.

Caduta dal nido nel maggio del 2002, è stata raccolta e tenuta per oltre 2 mesi da una persona che purtroppo per lei non ha saputo prendersene cura nel giusto modo.

Se così fosse stato, lei avrebbe già compiuto la sua seconda migrazione.

Invece è stata tenuta in un ambiente non adatto a lei e malnutrita.

Senza un nido suo dove potersi rintanare e senza orari per mangiare, è cresciuta debilitata e le penne, che le sono cresciute nonostante la malnutrizione, si sono presto spezzate.

Non si può tenere un esemplare di rondone libero di girare per la casa.

Considerando che non ha piedi e zampette adatti a camminare, lei è riuscita a muoversi solo sbattendo le ali a terra e tutto questo le ha causato la caduta delle penne e la conseguente impossibilità di potersene andare insieme ai suoi fratellini.

Chi l’ha trovata se n’è poi separato per esigenze di “viaggio”.

Non potendola tenere, l’ha affidata a una persona che, a sua volta non sapendo cosa farne, l’ha data a me.

Ninnì era molto spaventata e nel contempo ansiosa di poter prendere il volo.

Le uniche cose che faceva durante tutto il giorno erano: piangere e arrampicarsi ovunque trovasse un appiglio per poi cercare di buttarsi nel vuoto per prendere il volo.

Ma, priva di quasi tutte le penne, di un’ala e di mezza coda, non c’era speranza di volo per lei.

Finché una serà a forza di provare e buttarsi a terra s’è contusa un’ala e da lì le si sono staccate delle penne importanti che le hanno procurato una forte emorragia.

Tanto forte che per settimane è rimasta con gli occhi chiusi e senza muoversi quasi per niente.

Con tanta pazienza l’abbiamo curata, imboccandola di continuo per non farla debilitare ancora di più.

Abbiamo cercato medicine e alimenti adatti a lei. Si è rimessa in forze dopo più di un mese di cure e coccole.

Durante l’inverno abbiamo cercato di farle compagnia il più possibile così da non farla dormire troppo.

Abbiamo anche provato a farle fare un pò di esercizio fisico, anche se non è propriamente facile: avendo lei la tendenza a scappare da noi, finiva sempre e solo a terra rischiando di farsi male di nuovo.

Nel mese di marzo, nonostante molte penne le fossero ricresciute, sulle ali ne aveva ancora molte depigmentate e vecchie (sintomo di malnutrizione) che resistevano a una muta anomala.

Abbiamo trovato un bravo veterinario, anche se molto lontano da casa nostra.

Abbiamo percorso più di 1.500 chilometri per farle togliere le vecchie penne sfilacciate e inutili.

Il veterinario ha operato anche sulla coda togliendole i monconi rotti.

Purtroppo però, nonostante avesse qualche penna nuova di zecca e tante altre cambiate spontaneamente, non c’è stato modo di farle prendere il volo nell’estate successiva.

Abbiamo trovato una splendida piana (la piana del Castelluccio di Norcia) dove l’abbiamo fatta esercitare, se non altro per il suo benessere fisico.

Anche mettendocela tutta, non è mai riuscita ad alzarsi in volo. Lanciata in aria, è riuscita solo a volare e planare dolcemente fino ad atterrare.

Così anche l’estate passò senza poterle dare la libertà che tanto avevamo sognato per lei. In cuor mio ho sentito tutto il peso del mio fallimento.

Avrei voluto per lei cieli blu e lo spazio immenso e invece non sono riuscita a darle altro che qualche breve volo.

Nell’estate 2004 abbiamo provato solo rare volte a farla volare per vari motivi, ma soprattutto perché Lina aveva perso la vista circa a maggio.

In entrambi gli occhi si è venuta a formare una specie di cataratta che nessuno ha saputo dirmi da cosa possa essere dipesa.

La causa più probabile è la malnutrizione.

Per quanto io possa allevare mosche e darle camole del miele, non sarà mai la sua alimentazione naturale. Durante uno degli ultimi voli di agosto, ci siamo resi conto che, ricca di penne e piume, se solo avesse avuto il dono della vista sarebbe riuscita ad andar via, ma così le rimane impossibile trovare da mangiare.

Quale peggior destino. Con Ninnì ho imparato che non ci si improvvisa allevatori di rondoni né veterinari estemporanei. Chiunque dovesse trovare un piccolo nidiaceo e non sa come accudirlo, deve sentire la necessità di chiamare chi può e sa fare qualcosa per il piccolo caduto dal nido.

Magari rivolgersi ad un veterinario aviario sarebbe la cosa migliore.

Voler tenere un rondone solo per “provare”, significa al 90% privarlo per sempre della libertà.

Non è un essere che vive bene in cattività e la sua vita, anche se apparentemente serena, sarà un eterno peregrinare da un problema all’altro senza sosta.

Sia per l’alimentazione errata che possiamo offrirgli, sia per la mancanza di libertà e di uno stile di vita consono, finirà i suoi giorni tristemente senza aver provato le gioie del volo.

Ninnì ormai resterà con noi non c’è altra scelta e non essendo noi capaci di porre fine alla sua vita, cerchiamo di offrirle tutto quanto in nostro potere per farla star bene.

Ma sia lei che noi soffriamo rendendoci conto delle difficoltà oggettive del vivere in cattività.

Il grande sacrificio che stiamo facendo ormai da quasi tre anni viene compensato solo dalla sua affettuosità, ma nel contempo viene vanificato nel vedere i suoi occhi guardare tristemente un cielo blu dove i suoi simili volano felici e dove lei non potrà mai andare.

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